Innamorati e soli

Innamorati e soli

-Non è possibile che questo cazzo di spazzolino sia sempre fuori posto! -tuonò Margherita entrando nel bagno.

Lorenzo, dalla stanza a fianco, non rispondeva; così lei incalzò:

-No, dico, quando capirai che è una cosa che mi fa imbestialire? E perché stai zitto? Io non ne posso più! Io non ho più tempo per me stessa!

-Sto zitto perché penso che se è fuori posto, potresti riporlo tu nel modo giusto, no? Invece di sbraitare. Faresti prima, fidati. E incazzandoti di meno.

-Ma ti sembrano risposte da darsi, queste? Io… Io sono fuori di me!

-Concordo -disse con tono irrisorio Lorenzo. Poi aggiunse, conciliante:
Le incomprensioni sono così strane… sarebbe meglio evitarle sempre, per non rischiare di aver ragione: ché la ragione non sempre serve.

A questo punto Margherita volò fuori dell’appartamento, urlando: “Vaffanculo! Vaffanculo!” e infine sbattendo la porta. Nella casa, finalmente, ci fu silenzio. Lorenzo si trovò a pensare, con malinconia, che quando aveva conosciuto Margherita i momenti più belli della sua giornata erano quelli passati con lei. Adesso era il contrario: gli attimi trascorsi da solo erano gli unici che portassero un po’ di gioia.

Decise di rimandare a dopo il pensiero e di prepararsi, intanto, un mojito. Seguiva la ricetta originale, dopo essere stato in viaggio di nozze a Cuba: un vero mojito si prepara mettendo al fondo di un tumbler due cucchiaini di zucchero da canna bianco e il succo di mezzo lime. Quando tutto è ben mescolato si aggiungono otto o nove foglie di menta -non tritata né spremuta, solo pestata. Infine si mette ghiaccio a cubetti, rum bianco e da ultimo dell’acqua gasata.

Ormai era diventato esperto e rapido nel prepararlo, anche perché ne beveva parecchio e ubriacarsi non era un evento raro. Nel libro di ricette dei cocktail c’era scritto che il mojito si poteva bere a tutte le ore? E lui lo beveva a tutte le ore. Un perfetto idiota.

Margherita invece era sempre incazzata. Si alzava incazzata al mattino e si coricava incazzata la sera. Quando non lavorava, era incazzata perché non lavorava. Se arrivava un contratto da interinale nella GDO per qualche mese, si incazzava lo stesso perché lavorava troppo, anche i sabati e le domeniche. Se Lorenzo voleva far l’amore, si incazzava perché Lorenzo pensava solo al sesso. Se Lorenzo smetteva di cercarla, si incazzava perché non la desiderava più. La vita per lei era diventata un repertorio di pretesti per l’incazzatura. Una stupida.

Quando una stupida così sposa un simile perfetto idiota, amici e parenti accorrono in massa e organizzano una grande festa, spendendo molti soldi, per complimentarsi con loro. Se dopo qualche tempo si riproducono, fioccano pure le felicitazioni. Che cosa divertente. Così è la società umana.

Margherita tornò dopo due ore: aveva chiamato Ilaria, l’amica di sempre, raccontandole dell’ultimo litigio col marito per sfogarsi un po’. Non aveva mandato nemmeno un sms a Lorenzo, né aveva aggiornato il suo stato su Facebook con lo smartphone. Non era tornata a casa per cena.

Infilò la chiave nella toppa dicendo a se stessa che la rabbia era un po’ sbollita e che forse doveva solo imparare a gestire i propri sbalzi d’umore. Il lavoro precario non aiutava. E nemmeno la consapevolezza del fatto che non sarebbe riuscita a diventare una showgirl, a sfondare in TV dopo aver frequentato il DAMS e aver studiato danza per anni e anni, fin da bambina. I sogni non si avveravano, scopriva. I sogni procuravano solo dolore. Era meglio non averli.

Aprì la porta sperando di trovarlo ancora in piedi, per fare pace. L’alloggio era nel buio. Margherita si diresse verso il salotto. Accese la luce: Lorenzo riverso sul sofà e una decina di tumbler vuoti sul portavassoio. Si chinò sul suo petto, agitata.

Il cuore. Gli si era fermato il cuore.