Kusen immaginari / 05

Kusen immaginari / 05

In zazen le persone sono molto belle: il solo vederle, immobili e silenziose, ispira grande pace. Sono tutte diverse eppure fanno tutte la stessa cosa, in un identico modo. Dalla postura si possono intravedere i caratteri perché c’è chi ha una seduta imponente, chi una seduta ferma, oppure c’è chi fa piccoli movimenti in continuazione o ancora chi tende a ripiegarsi un po’ su se stesso. Nonostante ciò, anche con le imperfezioni del caso, tutto è tranquillo, si respira armonia. Anche la correzione di un errore, quando arriva, non è fatta con spirito giudicante o distruttivo: si percepisce che dietro a essa c’è dell’empatia, dell’affetto.

In un dojo tutti sono gentili, nessuno alza la voce, non c’è spazio per il nervosismo o l’aggressività.

Nella vita quotidiana spesso le cose vanno diversamente: esistono persone perennemente arrabbiate, piene di tensione e in lotta con il mondo. Si svegliano incazzate e vanno a dormire incazzate: tutto le disturba. Non è una bella vita, la loro: sono persone molto infelici, che rischiano di ammalarsi seriamente. Noi in fondo siamo fortunati perché veniamo a contatto con loro per poco tempo, mentre loro si portano dietro continuamente la loro rabbia.
Nel buddhismo si afferma che esistono tre veleni della mente: la rabbia, l’ignoranza e l’attaccamento. Il peggiore e il più pericoloso di tutti però è proprio la rabbia. La rabbia è il solo difetto che davvero non possiamo permetterci ed evitare la collera è quanto di più bello che noi possiamo fare per noi stessi.

Un modo per imparare che la rabbia è inutile ci arriva proprio da zazen, dove sperimentiamo che ogni costruzione mentale è impermanente e condizionata: cessa se noi lasciamo andare la presa e smettiamo di darle forza. Tutto ha un inizio e una fine e anche questa difficoltà e questa rabbia termineranno.

Inoltre, l’ordine cosmico è basato su leggi di causa-effetto: se non lo dimentico mentre qualcuno mi riversa addosso la propria rabbia e la propria violenza verbale, posso respingere la collera al mittente facendola rimbalzare come su una gomma. A quel punto la rabbia è un problema soltanto suo. L’alternativa, dobbiamo saperlo, è essere trascinati pure noi dentro la casa in fiamme con il rischio di dire o fare cose di cui potremmo pentirci a lungo. L’unica cosa veramente in mio potere è la mia reazione alla sua rabbia. Posso restare consapevole, grazie al respiro e alla postura, del fatto che sto provando rabbia anche io, senza reagire di conseguenza: alla fine la mia rabbia perde forza e svanisce. Sulla sua, purtroppo, non posso far molto.

Infine dobbiamo imparare a provare empatia per queste persone vittime di una grande sofferenza interiore e di condizionamenti di cui non riescono a essere consapevoli. Se avessimo vissuto le loro esperienze passate, se avessimo subito i loro condizionamenti esteriori, forse non saremmo molto diversi. Se le condizioni lo consentono, possiamo cercare di aiutare quella persona a comprendere i motivi della sua rabbia e della sua sofferenza.

Per fronteggiare efficacemente la rabbia dobbiamo soprattutto essere armati di pazienza. Se non avessimo la pazienza, anche in zazen ci arrenderemmo alle prime difficoltà: è solo grazie a essa che possiamo superare l’ostacolo e ricavarne un arricchimento. A quel punto non esistono nemmeno più persone “sgradevoli” o “piacevoli”: sono in qualche modo grato alla persona sgradevole e irascibile, perché mi ha aiutato a lavorare con la mia mente e a esercitare la mia pazienza.

Essere compassionevoli e riconoscenti per l’opportunità di pratica offertaci, però, non significa che dobbiamo diventare la latrina della loro rabbia: alla lunga, la rabbia è contagiosa. Se nonostante ogni strategia avvertiamo di essere ancora in difficoltà con loro, la cosa più saggia è evitare queste persone il più possibile o del tutto, augurandoci nel nostro intimo che possano risolvere i motivi della loro sofferenza.