Porsche Macan

Porsche Macan

Il meeting è terminato. Era ora. Camminando di buon passo, mi dirigo all’auto per tornare in ufficio. Scanso la folla della pausa pranzo: donne in tailleur e tacco alto, uomini inappuntabili nei loro completi grigi che avanzano a gruppi di quattro sui marciapiedi, in direzione contraria alla mia, le donne in mezzo gli uomini ai lati, mentre programmano tra loro il briefing postprandiale. 

Risulto io fastidioso a loro, come loro a me?

Faccio riunioni, riunioni interminabili, in continuazione: questa mattina ho discusso di come integrare al meglio i migranti economici nel tessuto produttivo di Bologna. Ma quale job placement dovremmo attuare? L’Italia è il paese europeo che rilascia meno permessi per motivi di lavoro. 

Gli altri sono una perdita di tempo. Mi sono convinto di questo, anche se non sentirete mai una pubblica dichiarazione al riguardo, da parte mia. I giornalisti ci sguazzerebbero, le nostre azioni scenderebbero poco dopo. Però è vero. Pensateci: vi mettete a stendere una relazione importante e dopo poco inevitabilmente squilla il telefono. Siete sulla metro ad ascoltare una canzone su Spotify col cellulare, quella che vi pare, ma vi tempestano di messaggi di lavoro urgenti. State pranzando davanti al pc per chiudere quella pratica e bussano per chiedervi il parere su di un’altra. Tutti ti rubano solo pochi istanti, ma nel complesso si tratta di una vita. E a casa non è diverso. Probabilmente da eremiti si vivrebbe il doppio. Gli stiliti lo avevano capito.

Epperò non è che poi ci piaccia molto, la vita da eremita. Meglio barattare il disturbo con un’auto lussuosa e dimezzare l’esistenza, ma annegata nelle comodità.

Sono arrivato alla macchina; apro la portiera con uno scatto deciso del polso e salto dentro. Il navigatore mi comunica che dovrei essere in sede tra 22 minuti, considerato pure qualche rallentamento nel traffico. Metto in moto e mi avvio. Dove mangiare? Sono già quasi le due, se optassi per il solito posto forse troverei la cucina già chiusa. Al semaforo rosso mi affianca una vettura di gran lusso, tedesca. Il conducente mi guarda tutto il tempo, poi appena scatta il verde sgomma e mi lascia indietro. Fa ancora in tempo a lanciarmi un sorriso per rivelarmi che ai suoi occhi sono un poveraccio, anzi lo sguardo dice proprio: “Guidi solo una Giulietta e pertanto sei uno sfigato anche se ti credi chissachè.” Il fatto è che la Macan si parcheggia a fatica, dato che sfiora i cinque metri di lunghezza; quindi in centro ci vado con l’auto aziendale. Capito, coglione?

Porsche Macan

Decido di perdermi e di disobbedire al navigatore. Cambio strada e mi metto a cercare un ristorante nei paraggi. A scegliere per me è il parcheggio: un posto libero giusto di fronte a una taverna greca. Chiudo l’auto, aziono l’antifurto, attraverso la strada, ma a metà percorso torno indietro per verificare se la vettura sia ben chiusa. Ho questa mania. Tutto bene, mi dirigo verso l’ingresso del locale. Sbircio dentro e constato che c’è ampia disponibilità di posti: sono per lo più impiegati in pausa, a gruppi di due o tre; parecchi da soli.

Sto quindi per accedere, ma sopraggiunge una signora sola, presumo mia coetanea; indietreggio e senza parlare le cedo il passaggio. Sorrido e lei ricambia nel sorpassarmi per entrare. Non è che io ci stia provando, è una gentilezza: però nel suo sorriso noto già un compiacimento, una vena di civetteria. Ma davvero le abbiamo abituate così male, le donne? Che basta un garbo d’altri tempi per interessarle?  

All’ingresso una cameriera in jeans e maglietta bianca mi accoglie e mi chiede: “Per quanti?” Io mi guardo attorno e rispondo sorpreso: “Per uno”. Mi fa accomodare a un tavolino esattamente lato di una colonna, un po’ sacrificato, ma pazienza. La signora di poco fa è seduta proprio nel tavolino dietro il mio, pure lei da sola; le dò le spalle, ma solo di tre quarti. Mentre consulto il menu vedo che sta facendo altrettanto; gli sguardi si incrociano nuovamente. Mi sorride. Ricambio. Vediamo… Taramosalata, tzatziki, tirosalata, saganaki, moussaka… vado per un gyros di pollo con pita. La cameriera, la stessa di prima, arriva e prende l’ordine. Da bere solo acqua gassata fuori frigo, grazie.

Dietro di me uno squillo di cellulare.

–Ciao Carla! Come stai? No, nessun disturbo, sono in pausa pranzo al greco. Sì, quello di via Dall’Arca. Una volta magari esci alla mia stessa ora e ci veniamo insieme, che dici? Ok?

Intanto mi portano l’acqua gassata. 

-Ma… guarda… la consultazione con i capi area ha evidenziato l’apprezzamento del nostro impegno nel trimestre passato. Così, il rafforzamento nello sviluppo delle strutture assolve un ruolo strategico per penetrare maggiori quote di mercato. Il giemme è molto contento, ma vuol fare ancora una sessione pomeridiana prima di definire il tutto. Capisco. Certo. Ti aggiorno verso le cinque allora.

Bisognerebbe avere il coraggio di cambiare sedia e posizionarsi in modo da starle di fronte, seppur nella distanza, per vederla meglio. Ha un caschetto biondo, da cui spuntano appena gli orecchini. Occhi tondeggianti. Indossa una gonna color ocra di velluto, una camicetta di raso manica lunga, grigia. Ha optato infine per delle décolleté in pelle nera che sono una buona scelta per completare il look smart casual. Bella? Lo si direbbe.

Arrivano le nostre portate. Ha scelto la moussaka. La telefonata è finita. Poco prima di sorseggiare un bicchier d’acqua, mi guarda e mi sorride ancora.

Sopra il secondo sorriso vuol dire che c’è attrazione. Bisognerebbe avere il coraggio di alzarsi, ora, di sedersi al suo tavolo e dirle: “Posso rivederti già stasera? Ma tu non pensare male adesso. Ancora il solito sesso.”

Ricambio il sorriso. Penso alla Macan che mi aspetta nel parcheggio aziendale e che a fine giornata mi farà felice, finalmente, innamorato come sono di lei.

Finisco in fretta il mio pasto.