Lo zen, il Covid e i miei primi 50 anni

Lo zen, il Covid e i miei primi 50 anni

Oggi compio 50 anni ed è una scadenza psicologicamente importante: segna, probabilmente, l’ingresso ufficiale nella senilità. Se è vero che ciascun anno è in ogni caso irripetibile, 50 anni sono pure un certo traguardo. Mia moglie aveva organizzato per me un party a sorpresa: non si potrà tenere in presenza, lo faremo in videocall.

Avevo immaginato diversamente questo momento; anche se i miei compleanni mi toccano sempre meno col trascorrere del tempo, anche se una delle mie frasi preferite è non c’è nulla da festeggiare, confesso che la situazione un po’ m’immaliconisce. Mi tornano in mente i dialoghi familiari di qualche anno fa, immaginando questa scadenza:

-Per i miei 50 anni, sappiatelo, voglio andare in Giappone.
-Per i miei 50 anni, sappiatelo, voglio comprarmi una Hasselblad.
-Cosa vuoi per i tuoi 50 anni?
-Per i miei 50 anni…

In Giappone sono saltate pure le Olimpiadi e le mie trenta macchine fotografiche prendono polvere nell’armadio. Da tempo. Da prima del Covid.

Non sarò il solo a vivere il compleanno in quarantena, tra l’altro. Ma ho la fortuna di trascorrere l’isolamento in un contesto familiare sereno: non oso immaginare cosa possa essere in ambienti caratterizzati da violenza o malsopportazione reciproca.

Mi porto tre conquiste, a questo giro di boa. Che non mi ha regalato nessuno. La serenità affettiva, la tranquillità economica e la libertà di pensiero. Non sono scontate nella vita di una persona e la meno scontata è proprio la terza: sono cresciuto in una famiglia caratterizzata dai pensieri unici, che tanti disastri provocano (nel mio caso quello cattolico e quello comunista) e realizzare il distacco, diventare un cane sciolto che non si riconosce se non in ciò che pensa e che ha sperimentato di persona: si, è una Conquista.

E quindi anche se al momento è segregata in garage, posso sempre permettermi una bella automobile. Passerò questo genetliaco, che cade in un giorno feriale, lavorando da casa in modalità agile, come fosse un giorno qualunque, ma ho pur sempre la fortuna di svolgere un lavoro che amo e di averlo, il lavoro.

So what? Alla fine, pazienza se oggi piove e sono agli arresti domiciliari: la vita va bene come viene e come viene è sempre come è giusto che debba venire. Anche questo coronavirus e le ansie che inevitabilmente trascina con sé. Personalmente ha acuito una consapevolezza che già avevo: ogni mese può essere l’ultimo, meglio se ricavi del tempo per qualcosa che ti faccia stare bene.

Lo zen insegna che le aspettative sono una delle cause della sofferenza umana. I desideri sono spesso delusi, i sogni restano tali. Lo ha scritto anche Leopardi, nulla di originale ormai, ma l’essere umano non lo vuol sapere. Se quindi l’emergenza sanitaria ci mostra qualcosa, è proprio lo sbatterci in faccia il valore effimero delle nostre previsioni.

A me preoccupa vedere la reazione di alcuni rispetto alle restrizioni sociali: ci vedo tutta l’immaturità, l’irresponsabilità e l’insofferenza per le regole caratteristica di buona parte della popolazione italiana. La vita è anche sacrificio, è anche sofferenza, è anche sconfitta. Gli errori, le crisi, possono rappresentare opportunità.

In Giappone il kintsugi è una pratica che consiste nell’usare un metallo prezioso liquido (in genere oro) per riparare oggetti rotti in ceramica. Si usa l’oro per saldare assieme i frammenti. L’oggetto riparato è spesso più bello dell’originale, in questo modo. Si può considerare come metafora dell’esistenza: invece di lamentarti del guaio, prova a ripararlo e fanne tesoro. Per farlo, però, devi passare dal piagnisteo all’azione.

Lo zen ci insegna anche il valore della responsabilità individuale: nessuno può vivere al tuo posto, le tue scelte (e relative conseguenze) sono solo tue. Dare la colpa alla società, al governo, agli altri, è un modo consolatorio di auto-assolversi. Di non guardare ciò che noi non abbiamo messo in campo.

Sto divagando. Da dov’ero partito? Ah ecco, buon compleanno. Oggi entro nella vecchiaia. E sono felice. Nonostante tutto.