Il regalo

Il regalo

Seduto al tavolo di una caffetteria, Filippo osservava ogni tanto l’orologio, aspettando ansiosamente l’arrivo di Valeria, che frequentava da quasi dieci mesi. Era la prima relazione seria della sua vita e all’inizio si era sentito spaventato, ma anche entusiasta all’idea di iniziare questa nuova avventura. Del resto, a 25 anni uno si illude sull’amore eterno; ci pensa poi la vita a schiacciarti con i fallimenti, inevitabili. Per la sua storia personale, inoltre, Filippo era maggiormente incline all’idealizzazione: era stato un ragazzino grassottello, goffo e impacciato, che nessuno invitava alle feste di compleanno delle scuole medie, durante le quali si limonava con le coetanee. Al liceo, assisteva con sofferenza alle conquiste dei suoi compagni di classe, che si vantavano pubblicamente delle prime esperienze erotiche, eh be’, la Margherita da ieri pomeriggio non è più vergine. All’Università aveva reagito con una dieta ferrea tra le proteste scandalizzate di sua madre e, complice una ventina di chili in meno, aveva recuperato attrattività, se ne rendeva conto, ma i rifiuti numerosi e le frequenti rinunce accumulate negli anni avevano come minato per sempre la sua autostima nel profondo e infatti, se Valeria gli diceva che era bellissimo, non ci credeva. La sua acerbità in fatto di relazioni con l’altro sesso lo rendeva impacciato ed esitante.

Adesso era un giovane studente di filosofia con i capelli scuri e gli occhi profondi, la barba lasciata lunghissima per sembrare più vecchio, visto che Valeria era più grande di lui. La sua attuale figura magra e slanciata trasmetteva un’aria di fragilità, ma il suo sorriso timido e dolce rivelava una genuina gentilezza interiore. Indossava una camicia bianca leggermente sgualcita e una giacca di tweed; leggeva l’intervista di Heidegger allo Spiegel, raccolta ora in volume, rilasciata nel 1966 ma pubblicata postuma, una settimana dopo la morte del filosofo nel 1976.

La filosofia non potrà realizzare direttamente nessun cambiamento dell’attuale situazione del mondo. Questo non vale solo per la filosofia, ma principalmente per tutta l’attività del pensiero umano. Solamente un Dio ci può salvare. Per noi resta l’unica possibilità nel campo del pensiero e della poesia la quale significa preparare una disposizione per l’apparizione di Dio o per la sua assenza in un tempo di tramonto; dato che noi, di fronte a un Dio assente, andiamo a sparire”.

Era proprio vero: solo un Dio ci poteva salvare. Filippo lo pensava pur non essendo credente o meglio diversamente spirituale: ora che il cristianesimo aveva presumibilmente imboccato la china dell’estinzione, rifletteva su una questione che ai suoi detrattori sfuggiva. Senza la Chiesa l’umanità non avrebbe realizzato opere come gli affreschi di Giotto, la Cappella Sistina, il santuario di Loreto, il Duomo di Orvieto. Il cristianesimo era stato un collante di cultura e di civiltà, in Occidente almeno: era una verità indiscutibile che riguardava anche gli atei, pure i Piergiorgio Odifreddi capaci di affermare che la sola religione vera era la matematica. Le aveva mai visitate, il logico di Cuneo, le cattedrali gotiche? Sì, le cattedrali gotiche, con le loro maestose volte a crociera e le sfavillanti vetrate colorate, erano testimonianze tangibili della profonda devozione dei fedeli e dell’impegno degli artisti nel tradurre l’ispirazione religiosa in forme architettoniche senza tempo.

La musica sacra, dai gregoriani ai cantati nelle chiese, aveva creato melodie che risuonavano nell’animo umano, richiamando emozioni profonde e una connessione spirituale con il divino. E i testi biblici avevano dato origine a innumerevoli capolavori letterari, contribuendo alla formazione del pensiero e dell’immaginario collettivo. Filippo lo aveva imparato durante una delle prime lezioni all’Università, quando il professore di letteratura italiana aveva esortato a leggere la Bibbia, senza conoscerla non è possibile interpretare Dante, aveva concluso.

E quindi le cattedrali, le opere pittoriche e le composizioni musicali ispirate dai valori cristiani erano accessibili a tutti e in grado di suscitare impressioni in chiunque, persino negli scienziati cuneesi.

Il campanile della parrocchia nella piazza rintoccò quattro volte, din don din don e lo distolse dai pensieri, riportandolo al qui e ora. Chiuse il libro. Si guardò intorno: il locale non era per nulla animato, gli scarsi avventori erano sonnolenti, chinati sulle proprie disgrazie private, davanti a una tazza di caffè lungo bevuta senza zucchero.

In un angolo appartato stava un uomo anziano, davanti a sé una copia di Tuttosport cui non prestava attenzione; le sue mani, affondate nelle tasche del cappotto logoro, giocavano con un ciondolo d’argento, sicuramente un ricordo prezioso legato al passato. I capelli grigi e radi si adattavano perfettamente all’atmosfera dimessa del posto, mentre la postura rivelava una sorta di misteriosa introspezione. Sul tavolino, tre o quattro bicchieri vuoti. Sarebbero durati più a lungo di lui.

Lo sguardo di Filippo scrutava l’entrata della caffetteria con impazienza. Estrasse il taccuino dal borsello e annotò la scena: sarebbe potuta tornare utile per qualche storia, in futuro. Valeria si faceva attendere, in tutto. Non gliela dava: tutt’al più qualche giochino orale, mi sembra ancora troppo presto per andare oltre.

Lui aspettava.

2.

Valeria era sempre stata una ragazza viziata e capricciosa, che non sopportava i limiti imposti dalla sua famiglia modesta. Il padre operaio in fabbrica, la madre con piccoli lavori da sarta in nero, erano lavoratori assidui, ma non benestanti. Facevano di tutto per garantirle un’esistenza dignitosa, ma lei li disprezzava nell’intimo; è vero, erano riusciti ad accendere il mutuo per l’acquisto di una casa di proprietà nella prima cintura della grande metropoli, ma si trattava di un bilocale e lei, alla sua età, aveva ancora il letto in camera dei suoi. La sorella maggiore si era sposata molto presto come via di fuga a quella situazione, con uno che le aveva fatto sfornare subito tre figli, uno dietro l’altro, per costringerla nel ruolo di massaia. Io non voglio finire come mia sorella. Valeria sognava una vita da favola, piena di lusso e agi, senza dover faticare per raggiungere i propri obiettivi. Io non voglio fare sacrifici. Per questo motivo era alla ricerca di un fidanzato possibilmente agiato, che le facesse regali costosi e la portasse in posti esclusivi. Il problema è che nella vita sentimentale non sempre denaro e passione si allineano, ed è per questo che era spesso infedele, anche se lei preferiva dire irrequieta. Si sentiva costretta in una miseria immeritata e non si sarebbe fatta scrupoli a usare il proprio fascino per ottenere ciò che voleva. Era solo questione di tempo. Filippo? Non ne era molto presa: troppo delicato, eccessivamente mite e riflessivo… in fondo all’animo, realizzava che si trattava di una storia di passaggio, giusto per non restare sola, nonostante l’avesse già presentato ai suoi.

Visto che il padre gli aveva comunicato se vuoi laurearti ti devi mantenere in autonomia, per pagarsi gli studi dava ripetizioni di matematica sia in un centro studi sia privatamente. Si era iscritta a chimica non perché le interessasse in modo particolare la disciplina, ma in quanto era una delle lauree immediatamente spendibili nel mercato del lavoro. Non voleva perdere tempo.

Quel pomeriggio aveva appuntamento con uno studente cui dava ripetizioni a domicilio di matematica in vista dell’esame di maturità, che aveva 20 anni ed era stato bocciato in terza al liceo scientifico, curiosamente lo stesso istituto che aveva frequentato Valeria solo alcuni anni prima.

Marco era un’autentica parata di vitalità e energia. Il suo corpo, scolpito dalla dedizione alla pallacanestro semi agonistica, la quale era pure responsabile dei suoi insuccessi scolastici, era un manifesto di forza virile e muscolatura. Da ogni movimento trasudava determinazione, persino la camminata era sicura e vigorosa.

Marco indossava abiti casual, ma curati, che ne evidenziavano la figura atletica. I muscoli delle braccia e delle spalle emergevano sotto la stoffa della maglietta, la linea degli zigomi era netta e ferma, nell’osservarla Valeria avvertiva un fremito di calore invaderla. Stavano correggendo un esercizio che non riusciva, affiancati con le teste vicine. Faceva caldo, nel maggio inoltrato che scivolava verso l’estate. Lei indossava dei jeans strappati sul ginocchio e un toppino bianco a fascia, parecchio scollato: si accorse che lui le guardava le tette con insistenza, invece che prestare attenzione al quaderno. Non era la prima volta. Ma non era infastidita: la situazione le riusciva, anzi, solleticante. Si inchinò leggermente in avanti sui fogli col pretesto di leggere meglio la consegna e intanto la visione delle sue rotondità poteva ampliarsi.

Lui comprese la sfida, o forse era un invito? e allungò una mano sulla coscia, giusto nel punto dello strappo; lei non lo fermò e a quel punto fu chiaro a entrambi che l’equazione sarebbe rimasta irrisolta. La fissò, spazzò via dalla scrivania penne, calcolatrice e bloc notes con un solo rapido gesto secco e le prese la testa tra le mani enormi, baciandola come se avesse dovuto morire l’indomani. Poi la fece appoggiare al mobile sui gomiti, di schiena; abbassò jeans e slip contemporaneamente e la prese da dietro con colpi secchi e profondi, mentre lei svaporava farfugliando oscenità.

La forma del tuo culo mi insegna più cose della geometria, osservò Marco pochi secondi prima dell’orgasmo; fa’ solo attenzione a non venirmi dentro, ché oggi non ho messo il diaframma, si raccomandò lei. Lui obbedì docilmente, si ritrasse giusto in tempo per bagnarle le natiche.

Si ricomposero in fretta. Marco le allungò i 20 euro che sua madre le aveva lasciato per pagare la ripetizione e lei si affrettò sulle scale, oddio sono in ritardo atroce, alla settimana prossima e lo disse con un tono che lasciava intendere che l’extra non sarebbe stato più offerto.

3.

Quando finalmente Valeria entrò nella caffetteria, il cuore di Filippo balzò nel petto. Era una giovane donna sicura di sé, con un sorriso contagioso e uno sguardo magnetico. I capelli corvini e gli occhi scuri raccontavano storie di avventure e di mondi ancora da scoprire.

Con un sorriso timido, Filippo si alzò in piedi per accoglierla. Mentre si avvicinava al tavolo, non riusciva a smettere di guardarla, incantato dalla sua presenza.

“Ciao, Filippo” disse Valeria, prendendo posto di fronte a lui. “Mi scuso se ti ho fatto attendere, ho avuto un piccolo contrattempo.” Sembrava nervosa, mentre spostava la sedia per accomodarsi.

“Nessun problema” rispose lui, cercando di mascherare l’irritazione. “È un piacere vederti.” Seguì un sorriso forzato, che cercò di sembrare naturale. Il silenzio tra di loro durò qualche secondo di troppo.

“Tutto ok?”

“Sì, sì, mi spiace davvero per il ritardo. È stato un… un imprevisto.”

“Un imprevisto? Potresti essere più precisa?”

“Beh, sai, stavo dando le ripetizioni a uno dei miei studenti e avevamo bisogno di un po’ di tempo extra per terminare il compito. Si era bloccato su un problema complicato e non potevo lasciarlo in sospeso.”

“Ah, capisco. Ma non potevi avvertirmi?”

“Mi dispiace se la lezione è durata più a lungo del dovuto.”

“Beh, ora sei qui, giusto? Possiamo chiudere l’intoppo e goderci il nostro tempo insieme.”

“Grazie, Filippo. Apprezzo la tua comprensione.” Lo guardò intensamente e scorse una luce di eccitazione negli occhi.

“Comunque, ho delle notizie eccitanti da condividere. Carla si sposerà fra qualche mese!”

“Davvero? Non lo sapevo.”

“Sì, è stato un annuncio improvviso. Ma il punto è che voglio che tu sia lì con me. Carla significa molto nella mia vita e vorrei che tu la conoscessi meglio.”

“Certo, posso venire al matrimonio con te. Sarà un piacere conoscerla meglio.”

“E quanto ai regali… Carla è una persona speciale, quindi vorrei fare un regalo significativo. Ho pensato che potremmo contribuire insieme.”

“Contribuire insieme? Valeria, i miei genitori mi hanno appena dato 200 euro per il mio compleanno. Non so se dovrei spendere così tanto per il regalo di una persona che conosco appena.”

“Capisco le tue preoccupazioni, ma considera che dobbiamo almeno ripagare il costo del pranzo di nozze. Sarà di sicuro intorno ai 100 euro a testa. Ha scelto un posto elegante in collina. E poi, è un gesto importante per me. Carla è stata una delle mie migliori amiche per anni e voglio dimostrarle quanto io tenga a lei.”

“E se invece di 200 euro, ne dessimo 100? Sarebbe comunque un bel regalo.”

“No, Filippo. 200 euro è il minimo. Non voglio fare una figuraccia davanti a lei e agli altri amici. Devi farlo per me. Possibile che tu sia così avaro?”

“Va bene. Farò il possibile per contribuire.”

4.

Andarono a esaminare la lista nozze dei futuri sposi in un grande negozio di elettrodomestici. Carla aveva rinunciato agli studi universitari per lavorare come impiegata in uno studio commerciale. Era figlia di una cartolaia e stava per sposare un neolaureato in chimica industriale che aveva intenzione di aprire un’impresa per la produzione di insetticidi, i quali a suo dire tiravano ancora molto. Valeria lo invidiava e, quindi, lo detestava: le loro lauree sarebbero state affini, ma lui disponeva dei soldi di papà per avviare dal niente un’azienda, lei no. Come aveva fatto Carla ad accalappiarlo?

I due fidanzati si trovarono circondati da un’ampia varietà di apparecchiature per la casa. Esaminarono attentamente la lista nozze in cerca di un regalo che potesse essere all’altezza della situazione, ma senza strafare. Filippo osservò i fogli che la commessa aveva sporto.

“Guarda quanto costano questi regali! Siamo sicuri di poterci permettere qualcosa del genere?”

“In effetti, hanno scelto cose abbastanza costose. Ma dobbiamo fare un’ottima impressione. E poi, come ti ho detto, voglio dimostrare a Carla quanto io tenga a lei.”

Filippo annuì e scrutò nuovamente il catalogo. Dopo un po’, individuò un set di pentole e padelle dal design molto elegante; potevano risultare essenziali a chi stava per sposarsi e aveva appena comprato una casa.

“Guarda qui, un set di pentole e padelle. Sempre utili in cucina, no? E poi sono della Alessi…”

“Sì, è un’ottima idea. E non è eccessivamente costoso, circa 250 euro. Possiamo permettercelo.”

“Va bene, posso mettere 150 euro su questo. Tu metti gli altri.”

“Scusa, avevi detto che avresti dato 200 euro e adesso rigiri la frittata? Sono veramente stanca di affrontare questioni di soldi con te. Cazzo, lo sai come sono messi i miei, no? Do ripetizioni tre volte a settimana per pagarmi il cinema, la pizza e stai a farmi il taccagno? Io… Io… non credo che tu mi dia affidabilità per il futuro, ecco.”

“Non ti ho mai detto che avrei messo 200 euro, ho sempre pensato che avremmo diviso la spesa per il regalo.”

“E hai capito quel che ti faceva comodo, come sempre. 100 euro non li posso spendere, 100 euro! Devi metterne tu 200”.

Ormai stavano discutendo animatamente e gli altri clienti un po’ ridevano un po’ li osservavano indignati. Tuttavia, continuò l’invettiva contro Filippo: “Non capisco perché ti stia tirando indietro! Era una tua idea comprare queste pentole, e ora non vuoi nemmeno pagare la maggior parte? Hai davvero il braccino corto.”

“Valeria, non è una questione di essere spilorcio. È solo che ho appena ricevuto i soldi dai miei genitori per il mio compleanno, lo sai, e non voglio spenderli tutti in un colpo solo. Voglio conservare qualcosa per me, ti pare strano?”

Era infastidita dalla risposta di Filippo e tirò fuori il cellulare per controllare i messaggi in arrivo. Di colpo apparve distratta e meno interessata alla discussione. Scrollando le spalle lo apostrofò: “Va bene, fai come ti pare. Pagherò io la differenza.”

Alla fine cedette lui. Pagò quasi interamente il costo delle pentole, anche se a malincuore. Mentre completava la transazione al bancomat, Valeria ricevette un messaggio che fece brillare il suo telefono.

“Mi scuso per aver urlato, Filippo, non dovevo.”

“Chi è che ti scrive alle 18 di sabato?”

“È solo uno dei miei studenti che mi sta cercando per delle domande sui compiti. Sai quanto adoro aiutare i miei studenti.”

“Non preoccuparti, Valeria. L’importante è che abbiamo scelto un bel regalo per Carla.”